Parlare del Canoa Club Milano è un po’ come parlare della storia della canoa italiana turistica ed esplorativa. Nei cromosomi di ogni canoista d’oggi, almeno un gene, in qualche maniera, proviene dall’antenato comune chiamato Canoa Club Milano. E l’acronimo “C.C.M.” (ciciemme) è forse il più identificabile tra tutti quelli dei club di canoa italiani.

L’A.S. Canoa Club Milano nasce nel 1955, su iniziativa di A. Pagani, presidente dal ’55 al ’60, e di G. Granacci, segretario per innumerevoli anni, come un club di canoa dalla vocazione prettamente turistica ed esplorativa, ed è tra le primissime associazioni canoistiche fluviali italiane. Con ogni probabilità, è la terza più vecchia d’Italia, preceduta solo dalla società di Merano, che deve la sua nascita alla vicinanza con il territorio austriaco, e dall’ormai dissolto G.M.C. (Gruppo Milanese della Canoa), essendo stato inglobato nell’Idroscalo Club.
È però la prima in assoluto che nasce come società turistico – fluviale, considerando, comunque, già da allora, nei suoi orizzonti esplorativi, anche le acque ferme, dolci o salate che siano.

È nel dopoguerra che in Italia si comincia a considerare di scendere i fiumi con imbarcazioni adatte allo scopo: imbarcazioni di basso pescaggio e di buona manovrabilità, che consentissero di affrontare le correnti trasversali e le insidie dei fiumi. Si cominciarono ad usare canoe smontabili, leggere (30 – 32 kg circa) e quindi trasportabili per brevi tratti anche da montate. Già dai primi del secolo XX si pagaiava, ma solo su bacini di acque ferme o sui canali, dove le correnti erano monodirezionali e non troppo violente. I canoisti di allora erano, però, soci di società di Canottieri, di chi praticava principalmente il canottaggio. Ma allora le canoe erano rigide, in legno e molto pesanti. Assolutamente non adatte per scendere fiumi e per essere trasportate.

È quindi proprio nel dopoguerra che, con canoe smontabili d’importazione tedesca, i primi futuri soci del C.C.M. cominciano a riunirsi e a decidere di intraprendere le prime discese fluviali. Il Club si forma nel ’53 come libera associazione di sportivi, ma si dovette attendere il ’55, anno in cui venne sottoscritto lo statuto, per veder nascere ufficialmente il Canoa Club Milano.
Anche il glorioso stemma del C.C.M. nasce in quello stesso anno.
Negli anni ’50, i primi soci del C.C.M. utilizzavano, quindi, canoe (kayak, secondo la corretta terminologia) smontabili in legno e tela gommata che stavano in grossi sacchi di tela dotati di spallacci e trasportati su carrelli.

Carrelli per il trasporto dei kayaks smontabili

Si prestavano molto bene ad essere trasportate sui treni e sulle corriere. Queste portavano agli imbarchi e agli sbarchi di grossi fiumi placidi (Adda, Ticino, Mincio, Adige, Po, etc..), con difficoltà massime di terzo grado. Sono stati proprio questi grossi fiumi di pianura i primi discesi dagli “esploratori” del C.C.M. Ma si sono perse la maggioranza delle tracce di chi fossero questi primi impavidi pagaiatori, scopritori delle vie d’acqua italiane. Sicuramente, però, tra questi possiamo ricordare, E. Colla, F. Zampirolo, A. Sacchi, V. Melloni e, soprattutto, G. Granacci, grande personaggio della canoa italiana ed animatore degli anni ruggenti del club, che con la sua attività professionale di ferroviere, riusciva ad osservare un gran numero di fiumi da locomotive e locomotori e a programmarne le discese.

Guglielmo Granacci su un kayak smontabile

Nella seconda metà degli anni cinquanta invece si affrontavano già fiumi più tecnici, come il Taro, il Trebbia, l’Enza, il Sesia, il Brembo, il Chiese, il Cervo, il Piave etc…, sempre e comunque su canoe F1 (smontabili). La tecnica di discesa, però, migliorava e i canoisti osavano affrontare anche rapide più difficili. Si cominciava a parlare di quarto grado e si cominciavano a udire i nomi di C. Grigioni, M. Grigioni, A. Alessandrini e S. Garattoni.

Mario e Carlo Grigioni sull'Inn

Negli anni ’60, i soci del C.C.M. proseguirono le esplorazioni dei fiumi italiani del nord (Stura di Demonte, Tanaro, Ellero e altri fiumi e torrenti piemontesi) e del Centro Italia (Magra,Tevere), e si verificò una vera rivoluzione nello sport della canoa, poichè irruppero le canoe in vetroresina e la motorizzazione di massa. Le prime consentirono di affrontare rapide tecniche impensabili negli anni del pionierismo esplorativo, la seconda permise spostamenti rapidi e alla portata di gran parte dei possessori di una canoa in VTR. Si cominciò a risalire i fiumi fin dove diventavano torrenti per poi discenderli con i molto meno fragili e molto più leggeri K1 e i C1 (kayak e canoe monoposto in vetroresina) e ci si avventurava sugli affluenti di fiumi che solo pochi anni prima erano i soli discendibili con le vecchie attrezzature. I soci di punta del C.C.M. affrontano le prime discese dell’Aveto, del Sesia (futuro tratto di gara), del Vara, del Cellina e di altri fiumi veneti e friulani. Qualche socio addirittura si spinge in Jugoslavia e in Francia. I nomi di soci del C.C.M., che si sommavano agli altri già noti, erano quelli di L. Paracchini, A. Giannetto, A. Biagi e D. Jucker.

Anse del Trebbia
Ponte Gobbo di Bobbio nel 1964

Sempre nei primi anni ’60 il C.C.M. si dedica non solo ad attività turistico/esplorative, ma anche a quelle agonistiche, dato che molti fiumi lombardi, piemontesi ed emiliani consentivano lo svolgimento di competizioni, sia della discesa che dello slalom. Tutt’ora sono dei classici di primavera le gare di discesa della Stura di Demonte, del Trebbia, dell’Aveto, del Brembo, dell’Enza, del Taro, ecc.. Grazie a questa apertura verso il settore agonistico la società ha avuto anche dei campioni italiani: campioni dei tempi eroici, appunto, quando le canoe erano in legno e tela gommata oppure in sola vetroresina, e quando i vestiti dei canoisti erano poveri, costituiti da un paio di sandali, un paio di calzoncini da bagno, un vecchio maglione, una giacca a vento e, se c’era, un caschetto da minatore o da ciclista sulla testa. Il salvagente, poi, era cucito in casa. Canepa e Rizzi nel C2 Discesa, Carlo Grigioni nel K1 Slalom e Andrea Alessandrini nel K1 discesa sono stati i nostri Campioni Italiani, ma si parla del periodo dal 1959 al 1967. Carlo Grigioni, inoltre, ha fatto parte della Nazionale Italiana ed ha anche partecipato ai primi mondiali di canoa slalom tenutisi nel 1959 in Cecoslovacchia.

Andrea Alessandrini negli anni 1960
Carlo Grigioni in gara a fine anni 1950 su kayak smontabile

Negli anni ’70, ormai, molti club di canoa sono stati fondati. Una parte di questi deve la sua nascita al C.C.M., come società satellite, altri invece sono nati autonomamente. Lo sport della canoa è un po’ meno pionieristico ed entra nella sua maturità, e cominciano a specializzarsi anche i canoisti. Si cominciano a dividere più marcatamente le discipline della canoa turistica: ci sono gli amanti dell’acqua bianca e gli amanti delle acque più calme. Nei primissimi anni ’70 fanno la loro comparsa le mute in neoprene per canoisti. Si continuano a scendere nuovi fiumi e affluenti sempre più ripidi e stretti.

Michele Romano nel 1975 sul Taro

I soci del C.C.M. scendono in prima i principali affluenti del Sesia (Sermenza e Mastallone su tutti), e molti altri torrenti piemontesi, liguri, toscani, veneti e friulani. I confini italiani diventano stretti e si scelgono mete fluviali francesi, svizzere e austriache. Il Canoa Club Milano organizza i primi raduni estivi in Francia nelle zone del fiume Durance (Hautes – Alpes, 1973), mete ancora oggi enormemente utilizzate da tutti i canoisti italiani ed europei. Si va anche all’esplorazione dei fiumi corsi e dei fiumi della Grecia. Il quinto grado è entrato nel linguaggio comune di molti canoisti, ma pochi possono dire di averlo affrontato. Alcuni di questi sono nomi dei soci del C.C.M. ed hanno lasciato nella memoria dei marcati ricordi di avventure canoistiche, nonchè dei preziosi resoconti filmistici in “Super 8”. Questi sono soprattutto gli anni di M. Romano, G. Faini, G. Rossi, che sperimentano nuove canoe, nuove tecniche e nuovi percorsi.

Guido Faini al termine di una discesa nel anni 1970

Sul finire degli anni ’70 anche di F. Paracchini, V. Pongolini, E. Bigatti e G. Grugnola.

Vittorio Pongolini sul Sermenza nel 1978
Guido Grugnola sul Sermenza nel 1978

Negli anni ’80 ormai la maggioranza dei fiumi e torrenti discendibili in canoa in condizioni di normale flusso, è stato esplorato. Il modo di scendere cambia ancora enormemente per l’avvento delle pagaie in duralluminio e resine epossidiche, e, soprattutto, per le nuove canoe in polietilene, dalle forme specifiche e dalle linee d’acqua più adatte alle varie specializzazioni. Con questi nuovi materiali, ciò che sembrava impossibile fino a pochi anni prima, diventa fattibile. Certi salti, certi passaggi e certi volumi d’acqua, con le nuove canoe e con le nuove tecniche, si riescono ormai a superare. Si parla di rapide di sesto grado come negli anni sessanta si parlava di quarto. Continuano, comunque, le esplorazioni dei fiumi italiani, ma si ampliano enormemente i confini. In Italia diversi canoisti effettuano spedizioni extraeuropee ed anche i soci del C.C.M. affrontano spedizioni in America e in Nepal e in molti luoghi europei. Si cominciano a riportare documentazioni visive di questi viaggi e spedizioni internazionali. Ci si confronta tra canoisti italiani e con i canoisti esteri. I soci del C.C.M. più in vista in questi anni ottanta sono G. Raimondi, A. Gatti, M. Pedroletti, L. Luciani, J. Lanfredi e V. Zacchi (quest’ultimo è anche stato per ventidue anni presidente del Canoa Club Milano).

Gli anni ’90 vedono continuare i viaggi e le esplorazioni extraeuropee, anche con grande impegno organizzativo (Caucaso ’90 “Perestroikayak”). La specializzazione delle diverse discipline della canoa è assoluta e quasi esasperata. In questi anni, meritano di essere ricordati tra i nostri soci, per la loro abilità canoistica e per la loro assidua partecipazione, M. Merini, M. Ponteri, L. Marchiori, L. Di Francesco e P. Sberna. Sul finire degli anni ’90 anche C. Di Francesco e F. Sidoli.

Arriviamo quindi alla storia più recente, quando nel 2006 Valerio Zacchi decide di ri-creare la squadra agonistica e, con l’aiuto di Paolo Sberna prima e di Mario Colella poi, mette insieme un gruppo di giovanissimi canoisti e li introduce allo slalom.
E’ in questi anni che arrivano al Ccm, per imparare ad andare in kayak, alcuni ragazzini, in alcuni casi proprio dei bambini, che dimostrano subito un grande interesse anche per lo slalom e una grande attitudine a praticarlo.
Tra questi ci sono Christian DeDionigi (all’epoca 14 enne), Paolo Ronga (che ha solo 15 anni quando entra nel Ccm) e Tommaso Fasoli (che inizia a praticare kayak a soli 8 anni).
Qualche anno dopo, a suon di primi posti, medaglie e titoli vinti, tutti sentono parlare di questi tre nostri atleti, il cui palmarès potete vedere in questo sito, nella sezione dedicata all’agonismo.

Ma come è stato possibile risalire alla storia del C.C.M. e della canoa italiana? Bisogna ritornare indietro di alcuni decenni e leggere le pagine della nostra storica rivista della canoa italiana.
Nel marzo del 1962, infatti, esce il primo numero della prima rivista italiana di canoa: “FIUMI”, un trimestrale di tecnica, attrezzature, resoconti, scoperte, relazioni, risultati agonistici e descrizioni che è ancora un punto di riferimento editoriale anche per le nuove riviste di canoa.

La rivista fiumi

Tanta, tantissima acqua è stata descritta sulle pagine di Fiumi! Dal ’62 all’ ’87 è stato un punto di riferimento costante per tutti i canoisti italiani ed europei. Nessuna delle attuali riviste italiane, e di quelle del più recente passato, ha stampato tanti numeri quanti ne sono usciti dalla redazione di Fiumi. Fiumi è stato ideato e concepito dall’allora Consiglio del CCM, e per la sua realizzazione, ha contribuito molto, nel primo decennio, il segretario del C.C.M. Guglielmo Granacci. Ma è stato soprattutto il presidente di allora del C.C.M. Vittorio Visconti a impegnarsi nella realizzazione di Fiumi.

Vittorio Visconti sul Brembo

Vittorio Visconti è stato il presidente del C.C.M. dal 1960 al 1988. Con strenua passione ha sempre impiegato tutte le sue energie extralavorative, le sue proprietà immobiliari e il proprio denaro per il Canoa Club Milano e per Fiumi, stampando e rilegando, spesso anche da solo, la rivista trimestrale. Visconti è mancato nel 1990, ma senza Fiumi non conosceremmo nulla di ciò che ormai è considerata la storia della canoa fluviale italiana.
E’ infatti leggendo le pagine dei più vecchi numeri che si scopre che praticamente tutti i più importanti fiumi d’ acque bianche italiani sono stati discesi in prima dai soci del CCM. Il Vara (1963), il Trebbia (1957-1963), il Taro (1957), il Ceno (1963), l’Enza (1963), l’Aveto (1963), la Stura di Demonte (1960), il Tanaro (1960), il Pesio (1962), la Stura di Lanzo (1961), l’ Orco (1959), il Sesia (1955-1957e 1962), il Brembo (1958), il Noce (1961), l’Avisio (1962), il Cellina (1969), il Fella (1962), lo Scoltenna (1963), il Chiarzò (1969), e, negli anni ’70 molti altri, tra i quali il Mastallone (1977), il Sermenza (1975), il Dezzo (1978), il Boite (1978) ecc… Tra i nomi più illustri di queste perle delle Alpi e degli Appennini sono riportati i nomi dei loro scopritori C. Grigioni, M. Grigioni, L. Paracchini, G. Granacci, S. Garattoni, A. Alessandrini, A. Biagi, D. Jucker, M. Romano, A. Giannetto, G. Faini, G. Rossi, G. Grugnola, A. Gatti e V. Pongolini.

Rara locandina della I gara sul Noce (nell'immagine il pluricampione italiano di slalom R. D'Angelo)

Tutti questi soci e moltissimi altri in tutti questi anni di canoa si sono incontrati nelle due sedi storiche del Canoa Club Milano: una, che oggi non c’è più, era la sede cittadina, a Milano in Piazza Salvator Farina 18/3, dove ogni venerdì sera, prima dell’era Internet, si incontravano i suoi soci per decidere i programmi canoistici del fine settimana.
L’altra invece è la sede nautica, il valore aggiunto del CCM. E’ un vero e proprio “rifugio fluviale” e si trova a Castelletto di Cuggiono, proprio sul Naviglio Grande, nel Parco del Ticino, ed è stata inaugurata il 10 ottobre 1971.
Nonostante i più di sessant’anni di vita, il CCM esplora nel mondo nuove vie d’acqua e percorre le stesse vie d’acqua italiane già percorse dai suoi vecchi soci, con la loro stessa preparazione ed il loro stesso entusiasmo, pur proiettandosi verso nuove iniziative, sempre finalizzate al turismo sportivo ed all’avventura sui fiumi e sull’acqua.

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